|
LUIGI LORENZI:
EQUILIBRI AL LIMITE DELLA FISICA
Forse in pochi hanno pensato a una lettura
della scultura da un diverso punto di vista. L' opera
di Luigi Lorenzi suggerisce tutto questo. Se la scultura,
per natura intrinseca, è pura materia che prende
forma dall' atto creativo, una nuova modalità di
fruizione può, nel caso di Lorenzi, ribaltarne
il punto di vista. Le linee e i volumi sono appositamente
costruiti per sfidare la materia aerea. La scultura si
fa essa stessa atto creativo che interviene nello spazio
e ne dinamizza l' essenza. C' è lavoro. C' è
poesia, nel senso di ricerca di una profonda empatia con
il movimento dell' universo. Non c' è più
distinzione netta tra pieno e vuoto, tra nulla e materia,
perchè ciascuna scultura è entità
omnicomprensiva che autonomamente fa muovere e vibrare
la materia aerea. Come un motore immobile. Non c' è
che dire: una sfida per le leggi fisiche.
La ricerca di Luigi Lorenzi parte dall' introspezione
per giungere alla estroversione massima: dai lavori dei
primi anni Ottanta, infatti, basati principalmente su
volumi in situazione di ripiegamento e di riflessione
massima verso l' interno, si è passati progressivamente
a una apertura delle composizioni che da un lato sono
andate via via evolvendosi (nel significato pregnante
del termine, cioè svolgersi, dipanarsi) verso lo
spazio, dall' altro si sono continuamente semplificate
nel linearismo. Ma andiamo per gradi: abbiamo una tesi
ardita da dimostrare. Innanzi tutto quale il modo migliore
per fruire una scultura di Lorenzi? Prima l' occhio, certo,
ma poi la mano. Non è possibile prescindere dall'
esperienza tattile per entrare in empatia con tale scultura.
Abbraccio e Il Pensiero sono due opere in pietra arenaria
di fiume realizzate nel 1985. La lieve figurazione dà
in qualche modo una indicazione al fruitore di ciò
che sta accadendo, del tema e delle sensazioni coinvolte.
Vi è in entrambe la vis emotivo-passionale che
impera nella stretta relazione tra i volumi della materia
e le linee che ritornano sempre su loro stesse, quasi
a volersi difendere dagli attacchi della luce che colpisce
le superfici e scopre in maniera ineluttabile il segreto
di quei momenti. Si crea una grande tensione nel progressivo
definirsi di zone in ombra e zone illuminate. E' scultura
di passione, di energia, ma tutta interamente rivolta
verso l' interno dei pezzi, che si impongono di celare
il magma emozionale non ancora pronto per esplodere.
Lorenzi però è uomo di esperienza, della
ricerca e non può continuare a tenere nascosta
la propria
neccessità espressiva. E allora cambia la materia,
cambiano le composizioni, cambiano i volumi, cambiano
le linee, cambiano i ritmi. Il legno prende il sopravvento
sulla pietra, la materia si apre ed esplode nello spazio,
lasciando grandi zone di vuoto appena delimitati da pieni,
però molto assotigliati. Fisicamente le linee sono
aperte e la materia aerea non sembra più essere
contenuta nella scultura, ma anzi è la prima che
pervade di sè la seconda, la attraversa, la abita.
Siamo alle soglie degli anni Novanta e la tensione del
decennio precedente ha trovato sfogo nell' annullamento
degli equilibri: vince il vuoto sul pieno, il nulla sulla
materia, la luce sulla tenebra. E' il tempo di Dialogo
difficile, di Distacco, di Desiderio rapace, di Eterno
ritorno, de Il Generale e il Cardinale, de Il Guerriero,
di Tormento, di Ali spezzate, tutte in legno di faggio.
Per citare solo alcune opere, dai titoli peraltro emblematici.
Si arriva almeno alla metà circa degli anni Novanta
su queste ricerche che rompono nettamente con le prime
e, soprattutto, vogliono combattere contro la materia
aerea lasciandole apparentemente l' illusione di poter
scivolare sulle superfici levigatissime, sulle quali il
raggio di luce non riesce neppure a indugiare per un attimo,
e scappare attraverso i vuoti pur con il timore di essere
riacciuffato dalla materia. In questa fase Lorenzi si
libera degli stilemi precedenti e insiste sul dinamismo.
Si anima. Studia. Lavora. Medita. E avanza verso una nuova
tappa.
Dopo la tensione e l' esplosione giunge il momento dell'
equilibrio. E' l' oggi di Luigi Lorenzi. E' la sfida più
grande delle leggi fisiche: il momento della statica,
la materia che scolpisce lo spazio. Un silenzio che genera
una sola nota interiore, monocorde, quasi come in una
meditazione tibetana: il rumore dell' aria che si annulla
sulle superfici delle sculture, il tempo che si blocca.
Solo il puro pensiero è ciò che resta, al
limite tra il fisico e il metafisico. Le composizioni
si ricompongono e si chiudono, dando forme volute al vuoto.
Le leggi di gravità sono rispettate, ma siamo al
limite tra la fisica e la metafisica. Siamo nell' equilibrio.
Tempo del desiderio, Il tempo tiranno, Il riposo del tempo,
in legno di iroko e pietra arenaria di fiume, sono alcuni
esempi, a chiudere gli anni Novanta, che propongono la
nuova ricerca di Lorenzi, basata innanzi tutto sul dialogo
dei materiali (appunto il legno e la pietra i cui valori
materici e plastici vengono sovvertiti nel senso che è
il legno, cioè la vita limitata nel tempo, che
ospita nel suo grembo e sostiene l' eternità della
pietra), e su un' accurata ricerca dello sviluppo lineare
della composizione. Progressivamente, infatti, l' insieme
si armonizza e la scultura non è più volteggiante
come prima, ma completa e simmetrica. Le linee nette ritornano
a chiudersi in percorsi ciclici, con chiaro riferimento
al tempo. Ora è solo l' equilibrio nel senso più
assoluto che conta. Non tempo, non spazio. Le sculture
appaiono totem per la meditazione sul dato fisico e metafisico.
Sono statiche, ieratiche, sospese, pur mettendo in moto
nel fruitore il dinamismo del pensiero e dell' emotività.
Sono il motore immobile. Nelle opere più recenti,
realizzate in pietra di Varana, Lorenzi raggiunge l' apice
della sua ricerca operando sulla superficie delle sculture
delle variazione di levigatura e creando delle isole a
struttura lamellare, sempre ricavate dal fondo del blocco.
Arriva così a costruire tutti i presupposti necessari
perchè al momento dell' illuminazione dell' opera
la luce riesca a smascherare il percorso della materia
aerea che correndo contro la scultura viene respinta,
rifratta e, a seconda di dove colpisce, va a ricomporsi
generando una nuova scultura spaziale. Come a dire che
l' opera di Luigi Lorenzi è, e invece lo spazio
che la incontra diventa.
Lissone, maggio 2002
Sabrina Arosio |
|