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Le forme astratte della
conoscenza.
Pietra di Varana, pietra arenaria, ma
anche legno di faggio verniciato grigio, forgiato con
effetti del ferro, fili di acciaio inox e di naylon: sono
le materie di cui si nutre la scultura di Luigi Lorenzi.
L’immagine si struttura in un ordine di pura astrazione,
nella conquista di un linguaggio lontano da ogni possibile
mimesi. Una immagine dove l’ambiguità delle
trame in abili innesti, degli intrecci materici illumina
l’opera di possibili e vitali forme di conoscenza.
All’ artista piace il termine “In-forme”
per le sue sculture che lasciano sospeso il senso di leggibilità
univoca, per offrirsi nella valenza di interpretazioni
multiple. L’analisi delle relazioni, tra incontri
e seduzioni delle parti dell’opera, e il gioco delle
aperture ci fa capire che anche l’astrattismo più
severo si concede allo spazio del racconto. Il peso del
desiderio, La colonna del desiderio, Il vaso dei sogni,
Musa incantatrice, La bussola ingannatrice, Peso e contrappeso,
Cuori infranti, Riposo e Trappola sostengono, in una rigorosa
sintesi di volumi e di spazi, percorsi di vita individuale
e collettiva, sogni e sentimenti svaniti, insidie quotidiane.
Le tensioni dinamiche nel lirismo delle forme, anche musicali,
affermano la nozione di bellezza ideale, il concetto dell’universale
che Eclisse con piccole nuvole, Fontana dell’eclisse,
Sole e Luna con stelle ferite trattengono. E’ l’arte
che riesce a fecondare significati latenti, il senso del
segreto di cui Lorenzi connota anche le sculture pubbliche
nel parco giardino di Serramazzoni dedicato a Giovanni
Paolo II, grazie alla qualificazione razionale di moduli
geometrici di organicità unitaria, a lungo meditati.
Guidato dalla felicità dell’esperta manualità
l’artista non rinuncia mai ad una dimensione mentale
conferita alla scultura di silenziosa luce e di calma
costruttiva, ma pure ai disegni “impaginati”
secondo una rigorosissima architettura, rispondente ad
una geometria intima, di cui Lorenzi misura sfumature
e segni.
Da considerare che proprio il disegno (grafite, pastello,
carboncino, sanguigna) consente all’artista di riflettere
sul lavoro di scultore. Un disegno di anatomia analitica,
di definizione conoscitiva, capace di verificare gli sviluppi
della scultura nei suoi continui rinnovamenti, per individuare
il senso dell’enigmatico che risiede in ogni opera.
La scultura custodisce sempre l’identità
dell’artista che scava nelle radici dei luoghi di
origine per mantenere viva nella pietra calda e antica
l’intima tensione germinale dell’opera. Le
forme declinano verso l’astrazione, in una struttura
plasticamente elegante, e si offrono con esigenza di sintesi,
di purificazione d’immagine, anche quando rimandano
a una progettualità figurativa.
Rigorosa è la meditazione, in particolare dal 1985
al 1995, anche sulla materia lignea, capace di accogliere,
nelle trasformazioni radicali imposte dall’artista,
una nuova immagine in un rapporto ospitale, nuziale. Si
assommano aspetti diversi della ricerca in una direzione
con più sistemi di intrecci, che l’opera
manifesta in soluzioni astratte che, tuttavia, suggeriscono
una rappresentatività concreta: Tango, Maternità,
Figura femminile, Il gatto e la volpe, Dittatore, Veliero.
Ogni componente scultorea si fa presenza, innescando un
processo di diversa strategia conoscitiva. Glielo permette
il faggio “un legno compatto, caldo – dice
l’artista – con venature non invasive, capaci
di conferire una maggiore purezza d’immagine alle
opere”. Opere di modernità che non sacrificano
la qualità estetica negli elementi di radicale
legame indissolubile della scultura che l’artista
trae da un unico pezzo di legno, lavorato con la sapiente
perizia di un artigiano e con inesausta passione creativa.
Si assiste ad affioramenti di immagini, con possibili
richiami a slanci di esaltazione di vita reale, ma anche
di carattere simbolico, quando l’essenzialità
della costruzione raggiunge maggiore forza in un linguaggio
che sembra diventare geloso della propria autonomia di
significato, nelle risonanze delle magiche varianti delle
articolazioni con cui si sviluppa l’opera. Inevitabile
la sospensione di significato. E’ l’ansia
della ricognizione a tutto campo a dettare titoli, ampiamente
differenziati, come Dialogo difficile, Contatto, Richiamo,
Ancora, Desiderio rapace, Tormento, Germoglio. Nella solennità
del silenzio, di cui si connota ogni scultura, riesce
a vivere il tempo del presente e della memoria, con i
segni delle mutazioni che riescono a sorprendere e a manifestare
molti aspetti segreti dell’esistere.
Tutta l’opera di Lorenzi, memore della bella lezione
umana e artistica del compianto amico Walter Mac Mazzieri,
mantiene una affabulazione lirica che si sprigiona dall’armonia
della composizione che ci parla del particolare legame
dell’uomo con la natura, fonde liberamente, senza
nulla concedere all’improvvisazione, elementi memoriali,
suggestioni colte e scatti fantastici. La ricerca del
nuovo non nega il valore dell’esperienza. La creazione,
svolta su piano d’arte esperta e consapevole, vive
nella disciplina, con felicità d’invenzione
e dolcezza di rappresentazione in grado di determinare
il senso della bellezza dell’opera, che pare lievitare,
per il suo carattere ascensionale, nel segno, anche evangelico,
dell’amore.
Modena, marzo 2017.
Michele Fuoco
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