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LORENZI:LUIGI
IL MONDO CONCRETO
DELLE FORME
Ha colto nella natura un processo di
semplificazione e di sintesi analogo a quello che si svolge
nella mente. L' arte plastica di Luigi Lorenzi affonda
le proprie radici nei luoghi che lo hanno visto crescere
e ove anche attualmente vive e opera: a Serramazzoni,
nell' Appennino modenese. Quì le acque fresche
e spumeggianti del Secchia e del Rossenna, non ancora
inquinate, rotolano e levigano i sassi. Sulle pendici
del monte le pietre sono sfaccettate: con le piene vengono
sospinte a valle e, col passare del tempo, lentamente
si modificano, assumendo forme sferiche, quasi anelassero
alla perfezione assoluta.
Lorenzi, all' inizio della sua attività artistica,
confrontò i suoi disegni, dalle linee sinuose e
tendenzialmente circolari, a quelle pietre di arenaria
consumate dall' acqua, simili ai ciotoli di montaliana
memoria, "mangiati dalla salsedine" sentendosi
"scheggia fuori dal tempo". Coglieva quelle
pietre levigate ed interveniva nell' opera secolare avviata
dalla natura, lavorando con lo scalpello per evidenziare
tratti antropologici in un processo di umanizzazione.
Questa prima fase è stata in seguito superata da
Lorenzi in virtù di una scelta che, senza rinnegare
il passato, fosse in piena autonomia formale. La spinta
iniziale ha tuttavia lasciato la propria indelebile impronta
segnando l' originalità della sua ricerca, che
non nasce da modelli precostituiti di tipo scolastico,
ma sulla base di una sua personalissima sensibilità,
stimolata nel suo sviluppo da un ambiente ancora puro
e incontaminato. Ma il suo non è un atteggiamento
acritico e passivo. Lorenzi ha in effetti ben compreso
che quello stesso ambiente, sotto il profilo umano e sociale,
aveva subito profonde trasformazioni, il tempo dell' epica
contadina, della lotta per la sopravvivenza, dell' indigenza
e del solidarismo famigliare e di gruppo, era tramontato
per sempre. Nè, per motivi anagrafici, poteva riviverlo,
sia pure trasfigurato, nell' evocazione della memoria.
Quel mondo non gli apparteneva e non poteva resuscitarlo.
Sentiva che erano stati travolti anche i
valori positivi, come la solidarietà ed il senso
di appartenenza ad un gruppo sociale. La terra, divenuta
troppo avara e ingrata, spingeva all' emigrazione. Solitudine
e raccoglimento erano le note dominanti di quel clima,
per cui si sentiva attratto verso forme assolute, eludendo
il contingente e la riproposizione di accadimenti del
passato.
I materiali sono, per lo più, quelli che trova
nelle sue montagne, già di per sè ricchi
di valenze materiche, come l' arenaria, la pietra serena,
il sasso serpentino, non disdegnando, in certe occasioni,
materiali più nobili come il bianco di Carrara
e il bronzo. Ha poi preso il sopravvento il legno, in
particolare il faggio, per la durezza e le armoniose venature.
Parallelamente alla scultura, riprendendo la sua antica
predisposizione per il disegno e la pittura, si è
cimentato preferibilmente nell' acquerello, depurandolo
di ogni sbavatura e indeterminatezza di tipo impressionistico
e rendendolo aderente allo stesso levigato vorticismo
che caratterizza la progettualità nelle opere a
tre dimensioni. Le soluzioni astratte non sono in ogni
caso completamente avulse dalla realtà, quanto
meno dai suoi significati essenziali ricondotti al tema
del ricordo non rappresentativo di situazioni ma emblematico
nei simboli.
O al tema dell' "Occhio del tempo", metafora
del giornalista (cui ha dedicato una scultura). O a quello
del "Bacio", della "Maternità",
dell' "Estasi del chitarrista", delle "Confidenze"
che si incrociano ecc. Tutte opere nelle quali l' astrazione
è un condensato di idee in un ambito progettuale
e, quindi, non sopprime la memoria del mondo. Lorenzi
appartiene a quella schiera di artisti per i quali - ha
scritto Mario De Micheli- "il richiamo verso forme
pure e assolute, le forme astratte, è in genere
abbastanza forte o addirittura determinante, mentre assai
sottile appare il filo che le unisce alla fisionomia esplicita
del mondo. Tuttavia tale filo esiste.... Un simile gracile
rapporto è fatto, nella maggioranza dei casi, di
un' allusiva nostalgia che pone sotto la superficie levigata
delle opere o fra il dispiegarsi dei simboli, un' ambigua
lievitazione, una pungente nostalgia naturalistica".
Torna in campo la nostalgia, dunque, ma per Luigi Lorenzi
non è quella verso una realtà sociale ormai
inesistente, ma per il mondo concreto delle forme che,
sale e si perfeziona nella nostra mente.
Reggio Emilia, marzo 1994
Alfredo Gianolio
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